di Stefania De Michele
Maria Sias arriva sospesa in una nuvola di lino. Niente di quello che indossa appare posticcio. Ama il bianco, come molti interni delle sue case, e la leggerezza importante di un accessorio che scompare vicino al colore azzurro degli occhi.
Danza da un argomento all’altro, da un’immagine all’altra, con disinvoltura e non è facile seguirla sinché, da un dettaglio della conversazione, tutto prende forma e si sistema al posto giusto: la laurea in ingegneria civile negli anni 70 (unica donna su 380 colleghi), la borsa di studio alla Columbia University di New York, la scelta di tornare a casa per l’amore nei confronti di una terra, che ripaga sempre ma mai abbastanza; la decisione di occuparsi di arredamento e ristrutturazione d’interni. In giro per la città il suo tocco lieve si riconosce, ad esempio, nei progetti per gli arredi delle Città Regie, nelle linee del Terminal Crociere e in quelle della Passeggiata Coperta del Bastione, “che vive poco” dice lei con una punta di rammarico, la stessa che mette quando parla del suo sogno: “quello di vedere finito il lungomare di Cagliari: moli e musei galleggianti come in Francia, attività produttive e ristoranti ‘pied dans l’eau’, con i piedi nell’acqua”. Niente a che vedere con i progetti “incidentali, modesti, casuali”, portati avanti sinora con poca passione. Tutto può essere ripensato, modificato, migliorato a seconda delle esigenze. A una condizione, però: i lavori di riqualificazione urbana e i progetti di ristrutturazione e architettura d’interni devono rispettare il luogo, integrarsi con esso, sentire il ‘genius loci’. Nelle case ristrutturate e arredate da Maria Sias – immortalate nelle principali riviste di settore – la tradizione (la memoria del luogo) è sempre capace di caratteri innovativi. Ci si può imbattere perciò in antiche cementine su un piano cucina interamente in acciaio o in sale da pranzo mediterranee dalle cui pareti si protendono le sculture di Matteo Pugliese, figure umane, corpi e muscoli tesi come nella plastica ellenistica. Si possono ammirare mirabilmente vicini, negli arredi, cactus di Gufram e tavoli di recupero, opere grafiche di grande modernità come quelle di Rosanna Rossi e madie antiche.
Cosa significa rispettare i luoghi? “Faccio un esempio: non si può fare una casa milanese a Cagliari. E viceversa”.
E come dovrebbe essere la casa di Cagliari? “Deve essere solare e accogliente. La penso realizzata e arredata con materiali puri: pietra, legno, tessuti a trama che ricordino le tradizioni locali. La ripenso in chiave moderna, anche grazie all’aiuto di artisti che mi sono affini”.
Una casa gallery? “Anche. La casa è proiezione di quello che amiamo e dei nostri desideri”.
Un luogo di ispirazione.. “Amo New York per la sua capacità di innovarsi di anno in anno. E mi piace l’approccio francese, che rispetta la sua storia e non se ne lascia intimidire. Gli esempi? La piramide di vetro al centro del Louvre o il modernissimo Beaubourg nel cuore del Marais”. Da New York c’è stato il rientro a Cagliari, però. Perché questa scelta? “Ho scelto col cuore. Ho lasciato una carriera brillante per ritrovare la famiglia, gli amici, gli affetti, il mare”.
Non si vive di solo lavoro.. “No, infatti. Non toglietemi il mare e lo sport. Unico lusso che mi concedo è una settimana all’anno in barca a vela per conoscere un mare nuovo. E poi ci sono le squadre del cuore, il Cagliari e la Dinamo. Tifosissima..” Avanti tutta, con passione.