Rispetto, legalità, umanità. Così l’imprenditore cagliaritano Emanuele Garzia scende in campo a favore della sua città. Per renderla più bella. E meno rassegnata
Si potrebbe partire da una prima parola: rispetto. Forse è questo ciò che caratterizza la visione del mondo di Emanuele Garzia. Rispetto per se stessi, rispetto per gli altri, rispetto per la città in cui vive, rispetto per la storia della sua famiglia, rispetto per il futuro che vorrebbe lasciare ai suoi figli.
Un sentimento di riguardo e di cura che si legge immediato negli occhi di questo imprenditore cagliaritano, erede di una nota famiglia di commercianti della città. “Sono cresciuto ultimo di sette fratelli, il rispetto era d’obbligo, ce lo ha insegnato nostro padre. Un uomo all’apparenza chiuso, ma capace di grandi slanci soprattutto negli ultimi anni in cui l’ho sentito molto vicino”. Una figura a tratti ingombrante quella di Raffaele Garzia, politico e imprenditore di razza, per due volte deputato al parlamento: “Fino a quando era in vita, trovava sempre il tempo per passare in azienda per darci quel consiglio in più che ci aiutava nell’attività di famiglia affidataci, io però ho sempre scelto una posizione defilata: ho studiato, lavorato, imparato a vivere. L’impegno lo esercitavo in forma privata, coi miei amici e nel quotidiano. Poi, il caso ha voluto che un giorno incontrassi Alberto Bertolotti, scoprii che i nostri rispettivi padri erano stati amici, nacque una complicità di cui ancora oggi sento viva la forza. Fu in una giornata d’estate che decidemmo di scendere insieme in campo”. Scendere in campo. Metterci la faccia. Provare a cambiare, puntando la prua in direzione ostinata e contraria. E’ così che è nato il Comitato di Rinnovamento, è così che nel giro di pochi anni un gruppo di miti e giovani imprenditori è riuscito a destituire l’impero di Giancarlo Deidda.
Oggi, Alberto Bertolotti è il nuovo presidente di Confcommercio Sud Sardegna, Emanuele è il suo braccio destro, l’anima pragmatica al timone dell’associazione. “Lavoro da quando avevo 19 anni, ricoprendo tutti gli incarichi, da magazziniere a semplice commesso. Di un’azienda nata ai primi dell’800, devi conoscere anche i più piccoli ingranaggi se vuoi farla viaggiare col vento in poppa”. Una preparazione e una conoscenza continua, che applica anche all’interno di Ebiter, l’Ente Bilaterale del Terziario di cui, da qualche mese è vicepresidente. “Dobbiamo prepararci se vogliamo essere credibili, soprattutto come realtà turistica. Le lingue in primis, e non solo l’inglese, che oramai non basta, ma anche il russo ed il cinese. Ci vuole formazione, leggo troppa improvvisazione nelle strutture ricettive di questa città. Il cambiamento è possibile, ma dev’essere sostenuto da valori e contenuti. Troppa gente non ci crede, troppa gente si è rassegnata. Non mi piace.
‘Rassegnazione’, eccola la seconda parola da cui partire. Anzi, da cui fuggire. “Ci stiamo abituando alla rassegnazione, subiamo il malaffare, la malapolitica, la mala gestione del bene pubblico. Perché? Perché questa sorta d’incantamento cui non riusciamo a reagire? Le cose se non funzionano si possono cambiare. Bisogna volerlo, abbiamo l’obbligo di farlo”.
E se si potesse davvero vederla con occhi nuovi questa nostra città, che cosa farebbe subito Emanuele Garzia? “Tre scelte, immediate. Vietare la vendita abusiva: nelle spiagge, ma anche davanti ai grandi centri commerciali o nel cuore della città, da chiunque venga fatta, indipendentemente dalla nazionalità di provenienza e dal colore della pelle. E’ una questione di rispetto reciproco, per me che pago le tasse e per i venditori ambulanti che già si sono messi in regola a costo di enormi sacrifici. Vietare il sistema dei parcheggiatori abusivi: siamo tutti stanchi di questa silenziosa spartizione della città, di questa continua aggressione verbale che in taluni casi sfocia in aggressione fisica. Si può evitare tutto ciò, con un controllo costante del territorio da parte delle forze dell’ordine. E poi, un omaggio a una delle nostre piazze-salotto più belle: piazza Matteotti.
Un tale degrado proprio davanti al Municipio, a pochi passi dal porto e dalla stazione ferroviaria, a pochi metri da uno dei locali più eleganti della città come il Caffè Svizzero, è inaccettabile. Al posto di cumuli di coperte e migranti che dormono dentro le fontane, vorrei vedere aiuole fiorite, cafè-chantant e cittadini che si godono il fresco. E’ soprattutto una questione di umanità nei loro confronti. Un sogno? Chissà. Per me, semplicemente una questione di rispetto”.