di Elena Magnoni
Una sposa moltiplicata per 5 continenti: milioni di spose sguinzagliate sul web e nel globo alla ricerca d’ispirazione.
Ma quale trend seguiranno? Che spose vorranno essere? Gli editoriali delle riviste di settore hanno rinunciato ad educare e a far maturare i consumers da un punto di vista critico, completamente assoggettati al web marketing e sudditi di chi investe massicciamente in pubblicità attraverso le loro pagine. Pagine che descrivono ancora la sposa come entità di un universo che non esiste più, utilizzando aggettivi che sottolineano il concetto di unicità, di sogno, di meraviglia. . .Come è sempre stato fatto negli ultimi trent’anni: di una noia mortale. L’abuso di attributi positivi riferito alle spose ha nel tempo logorato e depauperato gran parte del valore semantico dei termini descrittivi originari. Che le spose vogliano essere uniche e costantemente e idilliacamente rapite corrisponde al vero? Per fortuna non è così. Sempre più consapevoli tentano di sfuggire all’eccessivo bombardamento di immagini ripetitive (in rete e non). Ci provano. Il tentativo è quello di riappropriarsi delle proprie potenzialità d’espressione e di condivisione con gli altri e pur dando valore al senso di appartenenza lo sforzo è tutto teso a rifiutare un certo tipo di cliché obsoleto.
Con poche eccezioni, l’arte, la cultura e la moda hanno sbiadito negli ultimi anni il loro tratto “unico” per esser spesso copia di loro stesse svuotandosi di contenuto. Andy Warhol diceva che “le masse vogliono apparire anticonformiste: ciò significa che l’anticonformismo dev’essere prodotto per le masse”.
Per venire incontro a questa grande richiesta di personalizzazione globale la parola d’ordine è stata: copiare e trasformare. Non c’è nulla di male a farlo. Niente è mai completamente originale e ciò che rielaborato si tramuta in qualcosa d’ inedito. Il web ci ha illuso di poter esser tutti creativi e contemporaneamente ci ha tolto la libertà di esserlo veramente. Invece di promuovere una libera espressione estetica ha fatto sì che tutto emani quella vaga sensazione di già visto e familiare, come un minestrone in cui riesci a variare solo la proporzione delle verdure senza modificarne la ricetta.
Dopo esserci abituati a sottopagare qualsiasi prodotto, in pieno contrasto con la morale, ciechi e sordi di fronte allo sfruttamento dei lavoratori che hanno contribuito a riempire i nostri armadi con articoli accattivanti ma privi di sostanza emozionale e dopo aver scoperto che abbiamo perso un patrimonio umano di artigiani di altissimo livello, disperso il loro know-how e cancellato la memoria storica dei tessuti di qualità, siamo tutti saturi di prodotto e prosciugati di entusiasmo.
Parrebbe una storia senza lieto fine, invece mai come ora c’è veramente la possibilità di stravolgere tutto.
Non è cosa nuova… è la domanda a creare il mercato, le scelte individuali possono cambiare i consumi e di conseguenza la produzione. Tu sei il TUO brand e la tua personalità lo diffonde, lo condivide e lo fa crescere. E’ qualcosa che non si può acquistare. E’ il valore aggiunto alle creazioni reali che in questo caso fungono da supporto. Saranno per forza diverse. Identificative. Le tue scelte individuali costruiranno la differenza. Abolire il troppo per scegliere il meglio. Il meglio per te. Dove per migliore si può intendere una gamma di sfaccettature funzionali, simboliche, di design e di ricerca intima in cui qualità e produzione saranno parole chiave.
“Ti scelgo perché mi piaci, perché sei di qualità e fatto da mani esperte di cui conosco un po’ la storia, perché sei prezioso anche ai miei occhi (il mio armadio avrà te e pochi altri), perché esprimi la mia diversità, perché sei stato fatto rispettando il mondo in cui vivo, perché rappresenti i miei contenuti e li esprimi anche all’esterno, perché sono io che ti porto facendoti sembrare ancor più MIO: sei la mia seconda pelle, e poiché io sono io e non voglio assomigliare a nessun altro se non a me stesso, ti prego di essere proprio il MIO brand!”
E’ una visone invertita che ci permette di fare pulizia da ciò che ogni giorno ci viene propinato come bello e bello non è, come geniale quando è insignificante, come pregiato quando non vi è alcuna consistenza nell’attribuirgli valore, quando non è stato prodotto con rispetto verso la collettività e non mi fa sentire a mio agio proprio per questo specifico motivo.
Sono molti i designers che hanno scelto di percorrere in questi anni strade alternative e di impegno: responsabilità sociale ed ecologica nella produzione etica per Leila Hafzi, un charity project per Catherine Deane che ha creato un rifugio per gli orfani e i ragazzi di strada in Sud Africa, un patto di impegno ambientalista con Greenpeace per la Maison Valentino, e composizione Cruelty Free totale per la profumeria artistica di Fueguia. Sono piccoli incoraggianti segni che lasciano sperare in un futuro dove forse sceglieremo un abito con lo stesso approccio con cui si compra un quadro, o un’opera d’arte, ed invece di mandarlo al macero dopo l’uso rimarrà come contenitore della nostra anima a raccontare la nostra storia di un particolare momento.
Una rivoluzione di pensiero e d’azione alla quale siamo fieri di partecipare con le nostre proposte dedicate alle spose che hanno rinunciato alla dimensione onirica ma che ben sveglie ed agguerrite vogliono trasformare il mondo concretamente.
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