Incontro con Ezio Bosso, pianista e direttore d’orchestra, protagonista di due spettacolari concerti a Cagliari e di una master classcon gli studenti del Conservatorio.
Grazie a tutti, mi avete fatto sentire uno di voi; mi avete fatto sentire un cagliaritano”. Sono bastati due giorni di sold out a Ezio Bosso per innamorarsi della città e scegliere di ritornare il 17 luglio nella magia dell’anfiteatro romano di Tharros (Cabras), ospite prezioso del Festival “Musica nella Terra dei Giganti”. Il 7 aprile e l’8 aprile scorsi, il suo live in “piano solo” è stato seguito da centinania e centinaia di spettatori, una platea attenta, curiosa, solidale, empatica. Due concerti anticipati da un lungo pomeriggio dal titolo “Studio Aperto” in cui Bosso, 44 anni, torinese, musicista, pianista, compositore e direttore d’orchestra, ha incontrato gli studenti del Conservatorio di Cagliari invitandoli a “metterci le mani”. Metterci le mani, ovvero: salire sul palco al suo fianco, sedere al suo posto davanti al pianoforte, dimenticarsi di un teatro che li osservava col fiato sospeso, e cominciare a suonare. Un pomeriggio che difficilmente scorderà la giovane studentessa, emozionatissima, che ha avuto bisogno di almeno mezz’ora prima di lasciarsi convincere e sciogliersi in una splendida partitura mozartiana. Bosso, al suo fianco, ascoltava, suggeriva, commentava, allagando la platea di sorrisi ed emozioni. Ed è proprio da un Conservatorio di musica che Bosso è partito “anzi, scappato” precisa, con un diploma in tasca alla ricerca di maestri veri. “Perché i maestri sono quelli che non si limitano a insegnarci qualcosa, ma ci aiutano a comprendere la nostra vera natura”. Lui la sua natura l’ha compresa grazie al fratello e a un artista piuttosto noto di nome John Cage: il primo gli ha concesso di giocare sin da piccolo coi suoi strumenti, il secondo gli ha fatto capire che c’era una svolta nella sua vita che lo attendeva. Così ha lasciato la mordida e sonnacchiosa Torino, ed è partito per il mondo, il cuore colmo di musica classica e le amate suites di Mozart e Bach a picchiargli in testa. “Ho capito col tempo che le loro suites sarebbero diventate le mie stanze, luoghi dove perdermi e all’improvviso ritrovarmi”. Le stesse stanze che oggi dipinge meravigliosamente in musica grazie al suo primo disco The 12th Room, e che hanno fatto vibrare la platea del Festival di Sanremo decretando il suo successo internazionale. La musica, dunque, la musica nel cuore, e in quelle mani che corrono veloci sulla tastiera, a dispetto di una malattia che lo costringe immobile su una sedia a rotelle, anche se lui viaggia, suona e vive con un’ironia e una leggerezza che lascia ammutoliti. Come recita il titolo di una sua composizione: Following a bird, appunto, “Seguendo il volo di un uccello”. “Suonare mi fa stare bene. E se fa stare bene me, spero che faccia star bene anche chi mi ascolta”. Ci può giurare, maestro.