di Stefania De Michele
Chi se ne importa se dicono che fa venire la cellulite e calare il desiderio sessuale. Sono solo leggende metropolitane, come quella che sostiene ci sia pure il rischio di ammalarsi di cancro. Tutte balle e le ragazze sarde lo sanno
Anche per questo motivo si tengono stretto il loro primato: una donna su tre fa uso della pillola anticoncezionale, quasi il doppio della media nazionale, ferma al 16,2%. Se dunque l’Italia è il fanalino di coda in Europa nella contraccezione ormonale, la Sardegna sembra fare storia a sé. Nell’isola il blister con le ventuno pilloline quotidiane non fa per niente paura. Campane, siciliane e calabresi invece non ci pensano proprio di affidarsi alla pillola, ma non si tratta di un ritardo dovuto alle coordinate geografiche. Se ci si sposta al Nord, emiliane, venete e piemontesi fanno poco meglio. “Le ragazze sarde sono bene informate sulla contraccezione grazie alle campagne di informazione, nazionali e locali, e ad un buon Centro Ricerche , che rende fruibile ogni informazione utile per la salute della donna” dice Monica Pilloni, Dirigente Medico della Clinica universitaria di Ginecologia a Cagliari, che sottolinea però anche il ruolo del tam tam in rete o del passaparola nella diffusione di notizie sui metodi anticoncezionali, compresa la pillola. Tra le più giovani cresce la preferenza verso le alternative ormonali non orali: l’anello vaginale è infatti particolarmente apprezzato, anche dalle nuove generazioni.
In compenso, il dato nazionale ci dice che oltre il 40% delle under 25 non utilizza alcun metodo contraccettivo alla prima esperienza sessuale. La conseguenza è che, nella penisola e nell’isola cugina, 1 gravidanza su 5 non è desiderata. Per aumentare la consapevolezza e diminuire il timore nei confronti della pillola, la Società italiana della contraccezione (Sic) ha stilato un decalogo sui luoghi comuni più diffusi (da sfatare) e sulle virtù di un’attenta contraccezione orale. Un esempio su tutti: non è vero che la pillola favorisce le neoplasie. Al contrario l’utilizzo prolungato di estro-progestinici aiuta a prevenire i tumori all’ovaio, all’endometrio e al colon retto. Esiste, ma è basso, il rischio legato alle malattie della coagulazione e alla trombosi. Resta da chiarire, e si tratta di un’analisi che sconfina nello studio sociologico, perché le donne sarde siano più motivate delle altre connazionali all’assunzione della pillola.
Il piccolo sondaggio, realizzato su un campione di ragazze di Cagliari, fotografa una situazione complessa, che fa riferimento a sessualità e lavoro che non c’è, preoccupazioni economiche e voglia di maternità. Chiara, 27 anni, precaria in un call center, ci dice: “Sono fidanzata da sette anni, ma non posso fare progetti: niente casa, niente matrimonio. E certo non posso rischiare di rimanere incinta. Non riusciamo a chiudere il mese, figuriamoci a mantenere un bambino”. Dopo aver preteso l’anonimato, Vanessa, 32 anni, impiegata, confessa: “Un figlio? Impossibile. Da noi, a lavoro, la gravidanza non è contemplata. Ho firmato un foglio di dimissioni in bianco. Non mi avrebbero mai assunto, altrimenti, e io devo finire di pagare il mutuo”. Marta, 22 anni, è più romantica: “Uso la pillola perché vorrei fare un figlio con l’uomo della mia vita. Devo essere sicura perché si tratta di una scelta per la vita”. Che dire, dunque? La Sardegna è capofila nell’uso dell’anticoncezionale orale per scelta, ma anche per necessità. Perché da noi chi non lavora (molte donne) fa sicuramente l’amore, ma lo fa protetta.